Succo di frutta vs frutta fresca

In una dieta sana e bilanciata, il consumo di frutta e verdura è un cardine fondamentale. 

Le evidenze scientifiche suggeriscono che il loro consumo nelle giuste quantità aiuti a prevenire le più importanti patologie cronico-degenerative, tramite diversi meccanismi d’azione legati in parte alla presenza in questi alimenti di specifici nutrienti e sostanze bioattive, ma anche aiutino ad aumentare il senso di sazietà.

Al consumo di frutta trasformata, come i succhi di frutta, è  sempre stato riconosciuto un ridotto valore nutrizionale rispetto alla frutta fresca per il basso contenuto di fibra, la parziale perdita di micronutrienti e componenti bioattivi durante i processi di trasformazione e per il più alto contenuto calorico, in quanto addizionati molto spesso da zuccheri semplici esogeni.

  • Cos’è un succo di frutta?

Secondo la direttiva dell’Unione Europea 2001/112/CE e successivi aggiornamenti (2012/12 UE del 19 aprile 2012), il succo di frutta è un prodotto fermentescibile ma non fermentato, ottenuto dalla parte commestibile di frutta sana e matura, fresca o conservata mediante refrigerazione o congelamento, appartenente ad una o più specie di frutta e avente il colore, l’aroma e il gusto caratteristici dei frutti da cui proviene. L’aroma, la polpa e le cellule ottenute mediante processi fisici adeguati dalle stesse specie di frutta possono essere restituiti al succo.

  • In commercio quali prodotti ci sono?

1. Succo 100% frutta 

E’ un prodotto ottenuto interamente dalla frutta spremuta. Come il frutto intero, il succo è costituito per circa il 90% da acqua, vitamine, sali minerali e fitocomposti che derivano dal frutto intero spremuto e per il restante 10% da zuccheri naturali. La normativa europea non consente l’aggiunta di conservanti, zuccheri ed aromi al succo 100% frutta. Gli zuccheri naturali, derivanti dalla frutta, sono considerati “zuccheri liberi”.

Esistono due tipologie:

a. Succo non da concentrato 

La Direttiva Succhi (2012/12) dispone che il succo sia ottenuto dalla parte commestibile della frutta “sana e matura”. Pertanto la frutta viene selezionata secondo i requisiti previsti. Quando la materia prima raggiunge lo stabilimento di produzione, la frutta viene lavata e pulita; si procede poi all’estrazione del succo con mezzi meccanici. Il succo così ottenuto viene pastorizzato sia per mantenere il più al lungo possibile la “freschezza“, inattivando gli enzimi, sia per eliminare microrganismi, quali lieviti e muffe che possono trovarsi naturalmente nel frutto o nell’ambiente.

b. Succo da concentrato

Il processo di concentrazione consiste nell’eliminazione di parte dell’acqua, per ali uno il 50%, contenuta nel succo estratto dal frutto. Tale processo di natura fisica fa sì che il succo, una volta ricostituito, mantenga, il più possibile le caratteristiche organolettiche e nutritive essenziali del frutto di partenza. La “ricostituzione” di un succo da concentrato si riferisce alla restituzione della parte di acqua sottratta al momento della concentrazione. In alcuni casi questo processo comprende anche la restituzione di quella parte di aromi naturali della frutta che si possono perdere all’atto della concentrazione.

2. Nettare di frutta 

E’ prodotto a partire dal succo di frutta o dalla purea di frutta o da entrambi, a cui si aggiunge acqua ed eventualmente zucchero o edulcoranti. E’ consentita anche l’aggiunta di un numero molto limitato di additivi, che svolgono essenzialmente una funzione antiossidante o acidificante, mentre è vietato l’utilizzo di conservanti, coloranti nonché aromi. La normativa europea prevede che i nettari ottenuti esclusivamente dalla purea di frutta possano essere definiti come “succo e polpa di …”. Di solito, per il nettare si scelgono tipi di frutta con molta polpa, come pera, pesca o albicocca. Secondo la normativa europea, la quantità minima di frutta contenuta nel nettare deve essere tra il 25 e il 50%. 

Benché la direttiva consenta l’aggiunta di zuccheri ai nettari fino a un massimo del 20% del peso totale del prodotto finito, la quantità media effettiva di zuccheri aggiunti per i prodotti fabbricati in Italia si colloca tra l’8 e il 10% in relazione al tipo di frutta di partenza.

3. Bevande a base di frutta 

I prodotti che non rientrano nella classificazione “succo 100% frutta” o “nettari di frutta” si ascrivono alla categoria delle bevande a base di frutta.

Conclusioni

In un contesto di una dieta sana, il consumo di succhi derivanti da 100% frutta potrebbe essere inserito, per il fatto che quest’ultimi hanno un contenuto di zuccheri tutti derivanti dalla frutta di partenza. Di conseguenza i succhi estratti dai frutti a maggior contenuto di zuccheri naturali conterranno più zuccheri rispetto ai succhi ottenuti da frutti meno zuccherini (es. Frutti rossi, agrumi, mele, ananas). Gli zuccheri naturalmente presenti nella frutta sono rappresentati dal fruttosio, saccarosio (glucosio e fruttosio) e glucosio.

Secondo i LARN il consumo complessivo di zuccheri semplici dovrebbe essere inferiore al 15% dell’energia totale giornaliera (per esempio in una dieta da 2000 kcal sarebbero consentiti al massimo 75 grammi  di zuccheri semplici) e viene sottolineata l’importanza di limitare l’introduzione di zuccheri aggiunti e di fruttosio.

Una porzione di succo 100% frutta contiene mediamente dai 20-30 g di zuccheri.

Per cui, il consumo di quest’ultimo non è il male peggiore, in quanto rappresenta un piccola quota di zuccheri semplici introdotti. Il problema può sorgere quando durante la giornata vengono aggiunte bevande zuccherine oppure merendine varie, dove gli zuccheri risultano a questo punto in eccesso.

Negli ultimi anni è stata studiata la possibile relazione tra eccessivo consumo di zuccheri, di fruttosio in particolare, ed il drammatico aumento della prevalenza di obesità, diabete, sindrome metabolica e malattie cardiovascolari. 

I meccanismi responsabili dei potenziali effetti metabolici avversi si riferiscono principalmente alla stimolazione della neo-lipogenesi epatica, alla promozione di insulino-resistenza epatica ed extraepatica, all’iperuricemia ed allo stress ossidativo. Questi effetti, tuttavia, sono stati evidenziati prevalentemente da studi condotti in modelli cellulari ed animali, con alti dosaggi di fruttosio pari al 60% dell’energia totale/die. Evidenze analoghe, ma meno consistenti, emergono da alcuni studi nell’uomo, che hanno ugualmente utilizzato quantità di fruttosio molto elevate (tra i 150 e i 200 g/die, corrispondenti al 25-40% dell’energia introdotta). 

Il contenuto di fruttosio è più basso negli agrumi (0,5-2 g/100 g) e nell’ananas (2 g/100 g), più alto nelle mele e nelle pere (oltre 6 g/100 g), differenze che si riflettono nei rispettivi succhi di frutta. Tenendo conto anche della frazione proveniente dal saccarosio, l’apporto calorico complessivo di fruttosio nei succhi è variabile tra 0,2-3,1% (per 2000 kcal/die).

Ovviamente, non bisogna considerare i succhi 100% frutta come sostituti della frutta fresca, ma possono contribuire al raggiungimento degli apporti raccomandati di alcuni micronutrienti.

  • Qual è la porzione standard?

I LARN raccomandano l’introduzione di almeno 2-3 porzioni di frutta al giorno. Una porzione standard di frutta fresca corrisponde a circa 150 g, quindi un frutto medio o due frutti piccoli. Mentre la porzione di succo di frutta è pari a 200 mL, pari ad un bicchiere  da acqua. 

  • Consigli

Il succo di frutta può essere preparato anche a casa, scegliendo la frutta che più preferite e frullandola. Ovviamente può essere aggiunto un goccio di latte oppure un vasetto di yogurt per renderlo più cremoso.

tè verde

Gli Integratori “dimagranti” a base di Tè verde

Parliamo sempre di integratori a base di erbe, ma il focus di oggi è il tè verde.

Il consumo del tè verde come bevanda o in forma di estratti concentrati, è aumentato negli ultimi anni, favorito dai numerosi effetti positivi che esso esercita sulla salute del nostro organismo. Però, il suo uso può comportare anche rischi avversi. Analizziamo virtù e insidie del tè verde, soprattutto sottoforma di estratto.

Il tè , si ottiene dall’infusione di foglie della pianta Camelia sinensis, dopo di che può subire diverse lavorazioni ottenendo così diversi tipi di tè: tè nero, il tè verde, il tè oolong e il tè bianco.

Il tè verde a differenza del tè nero non subisce un processo di fermentazione e questo fa sì che ci siano più sostanze attive, come i polifenoli, molecole ad alto potere anti ossidante. La categoria di polifenoli maggiormente espressa sono le catechine, in particolare l’epigallocatechina gallato, che è l’antiossidante per eccellenza.

Questa sostanza ha un effetto antinfiammatorio, perché studi dimostrano che sembra interferire con la produzione di molecole infiammatorie, il suo effetto è proprio quello di sequestrare i radicali liberi e chelare gli elementi coinvolti nella generazione di quest’ultimi. Inoltre si occupa della protezione e rigenerazione di composti antiossidanti, come la vitamina C ed E, i quali sono sinergici tra loro. 

Sembrerebbe aver anche un effetto antitumorale, in quanto induce morte e arresto del ciclo cellulare in diversi tipi di tumore. 

È presente anche la caffeina, la quale ha un effetto anoressizzante, in grado di ridurre l’appetito, accelerando anche la lipolisi. Il problema della caffeina è che ha effetti simpatico mimetici centrali determinando sintomi come tachicardia, ansia etc. Il tè a differenza del caffè ha un quantitativo di caffeina inferiore, quindi i suoi effetti simpatico mimetici sono molto minori.

Esiste una relazione tra assunzione di tè verde e perdita di peso?

L’efficacia è molto limitata. Se uniamo alla dieta ipocalorica e attività fisica, il tè verde potrebbe aiutare nella perdita di peso, ma da solo non può far miracoli. 

Della serie: “ Il tè fa dimagrire solo se vai a piedi sulle montagne del Tibet a raccoglierlo”.

Il carattere ambiguo del tè verde

Proprio per le sue proprietà benefiche sulla salute, descritte precedentemente, il suo uso è diventato sempre più ampio e diffuso sia come bevanda sia come estratto, usato nella formulazione di diversi  integratori alimentari.

Prima di andare a vedere gli effetti avversi del tè verde, è importante distinguere il tè verde inteso come infusione, dall’estratto di tè verde, usato per la formulazione di integratori vari.

L’estratto di tè verde si ottiene dall’estrazione dalle foglie mediante l’uso di solventi chimici organici. Questi processo determina un aumentano delle concentrazioni di catechine rispetto a quelle presenti nell’infuso tradizionale.

I composti polifenolici che hanno le proprietà benefiche elencate precedentemente, possono avere anche effetti opposti se assunti ad alti dosaggi: provocando stress ossidativo.

Nonostante i benefici del tè verde, il consumo di estratto di tè verde può dare anche epatossicità, attribuita agli stessi componenti che nel tè verde danno un effetto benefico, ovvero i polifenoli.

I polifenoli presenti nell’estratto sembrerebbero danneggiare i mitocondri, organelli deputati alla produzione di energia, causando così danni epatici entro tre mesi dall’inizio di assunzione. Inoltre, sembrerebbero avere una sinergia maggiore se combinati con altre erbe, potenziando l’effetto nocivo sul fegato.

I danni al fegato vanno dalla classica forma di epatite acuta a quella fulminante, in seguito all’assunzione di diverse preparazioni a base di estratto di tè verde, la sintomatologia prevede: infiltrati infiammatori, colestasi, steatosi e necrosi. 

Nonostante il tè verde, come alimento, non dia questi problemi e sia sicuro, l’estratto di tè verde (usato in varie formulazioni “dimagranti”) è associato ad epatotossicità, con marcato rialzo delle transaminasi, che tendono a normalizzarsi a distanza di mesi dalla sospensione del supplemento.

Inoltre l’effetto avverso dell’estratto di tè verde è maggiore quando viene preso a stomaco vuoto.

L’effetto epatotossico può essere incrementato dalla presenza concomitante anche di altri principi attivi, presenti nelle formulazioni derivati anche da altre piante, oppure potrebbe riguardare la contaminazione con microrganismi o sostanze chimiche usate durante la produzione di tali prodotti.

Un esempio di altra sostanza presente in questi integratori per perdere peso è la Vitamina A, la quale ad alti dosaggi può essere tossica e provocare epatotossicità.

In letteratura esistono diversi studi che correlano l’assunzione di Integratori dimagranti (di una famosa azienda H.) con danni epatici.

integratori dimagranti

Pillole e beveroni magici: gli Integratori “dimagranti”

 Prima di tutto spieghiamo il significato del termine integratore. Gli integratori sono il complemento di un’alimentazione, che per varie ragioni può essere insufficiente a coprire i fabbisogni nutrizionali giornalieri.

Quindi si tratta di prodotti complementari all’alimentazione NON sostituenti.

Quali sono le miglior strategie per perder peso?

La dieta ipocalorica e l’attività fisica sono il trattamento d’elité per ridurre il peso e obesità, da utilizzare sempre in prima linea.

Ma a causa della difficoltà di raggiungimento e nel mantenimento di un’adeguata aderenza a questi tipi di trattamento, molte persone ricorrono ad integratori o supplementi nutrizionali che promettono (illudendo) di far perder peso in poco tempo e infine anche di mantenerlo.

Perché oggi giorno ci si affida a questi prodotti magici? 

  1. Risulta chiaramente la via più facile e veloce, perché promettono di perder peso in pochissimo tempo.
  2. Risulta più facile prendere delle pillole o frullati piuttosto che apportare delle modifiche al proprio stile di vita: come dieta e attività fisica.
  3. Entra in gioco anche la sfera psicologica, magari dopo tentativi fallimentari allora si prova questa scorciatoia. Siamo bombardati da pubblicità ingannevoli, e magari nel momento di maggior fragilità ci facciamo convincere che sia la soluzione più adatta per poter perdere quei chiletti di troppo acquistati durante le feste.
  4. Gli integratori non hanno bisogno di una prescrizione del medico, sono facilmente acquistabili e reperibili  dal Health coach, coach life, streghe e stregoni o dalla nostra vicina di casa.

Il termine naturale è sinonimo di SICURO?

Molto spesso viene associato il termine naturale con SICURO. In realtà non è così, la sicurezza e l’efficacia dipende dal mercato di appartenenza.

La regolamentazione dei prodotti erboristici può variare tra i diversi paesi. Nell’Unione europea, gli integratori a base di erbe medicinali devono essere conformi a determinate direttive europee e la loro sicurezza è valutata dall’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare).

Negli Stati Uniti (USA), i tali prodotti non soggetti agli stessi requisiti pre-mercato per la sicurezza o l’efficacia come nell’UE.

Quali sono i principali ingredienti utilizzati nella formulazione di questi integratori?

I vari integratori “dimagranti” possono essere suddivisi in base al loro effetto, per esempio ci sono gli Integratori che agiscono sull’assorbimento di Nutrienti:

    • Fibre. Sono sequestranti intestinali utili nella riduzione dell’assorbimento di zuccheri e colesterolo, migliorano il transito intestinale ma non risulta particolarmente efficace per la perdita di peso (crusca, inulina, beta glucani e psyllium).
    • Chitosano. Polisaccaride che deriva dalla chitina (rivestimento dei crostacei). Sembrerebbe abbassare i livelli di colesterolo, interferendo con il suo assorbimento così come per i grassi. Ma anche in questo ci sono poche evidenze riguardanti la perdita di peso.
    • Gomma di guar. fibra che deriva da una pianta leguminosa dell’india. È un additivo che viene aggiunto a molti alimenti confezionati come addensante. Nonostante sembrerebbe abbassare i livelli di colesterolo, non sembra aver nessun effetto sulla perdita di peso.
    • Metilxantine (caffeina, tefillina e teobromina) estratte da matè e guaranà. La caffeina è vero che sembrerebbe aver un effetto anoressizzante accelerando anche la lipolisi, ma avendo degli effetti simpatico mimetici centrali (tachicardia, ansia etc.), questo ne limita molto l’utilizzo. Il mercato per ovviare al problema utilizza maggiormente prodotti a base di tè verde, che ha una concentrazione di caffeina nettamente minore.
    • Ginseng. Sembrerebbe aiutare l’organismo ad affrontare meglio lo stress. Ma non ci sono prove scientifiche sulla sua efficacia e dose eccessive causano ipertensione e insomnia. Non ci sono evidenze che il ginseng possa aiutare a far perdere peso.

Nonostante non abbiano efficacia nella perdita di peso, alcuni possono provocare danni soprattuto a livello del fegato.

Altra classe di integratori sono quelli che regolano l’appetito, tra cui:

  • Spirulina. alga presente in acqua salata alcalina nelle zone tropicali dell’America, Asia, Messico e Africa meridionale. È ricca di antiossidanti e contiene fenilalanina che sembrerebbe regolare il senso di sazietà. Questa alga sembrerebbe aumentare l’escrezione fecale di colesterolo e acidi biliari, ridurre l’infiltrazione di macrofagi di grasso, prevenire l’accumulo di grasso nel fegato, ridurre lo stress ossidativo, migliorare la sensibilità insulinica, inibire la lipasi pancreatica con conseguente riduzione dell’assorbimento di grassi e prevenire l’accumulo di colesterolo.

Questi sono tutti  meccanismi teorici ma in realtà non ci sono prove scientifiche della sua efficacia nella riduzione di peso.

A differenza di altre alghe, però la spirulina non contiene Iodio. Ma ci sono altre alghe marine, come Fucus, che non vanno assolutamente usate per il fatto che sono ricche di Iodio. 

Questi tipi di alghe Sembrerebbero stimolare il metabolismo basale ma in realtà lo iodio non ha alcun potere dimagrante in soggetti normotiroidei e può portare ad effetti collaterali associati a ipertiroidismi funzionali.

Le alghe, inoltre tendono ad accumulare Selenio, il cui eccesso può portare alla comparsa del diabete. 

  • Guaranà. Ricco di catechine e metilxantine. Ritarda lo svuotamento gastrico, aumentando così il senso di sazietà. Ha il doppio di caffeina rispetto ai chicchi di caffè e quindi provoca gli stessi effetti simpatico mimetici del caffè sul sistema nervoso centrale. Ma ha una bassa efficacia nella perdita di peso

Poi ci categorie di integratori che vanno ad agire aumentando il metabolismo basale, tra cui:

  • Capsaicina. principio attivo del peperoncino
  • Curcumina nonostante le sua proprietà anti infiammatoria, non ha nessuna evidenza sulla perdita di peso.
  • L-carnitina 

E infine quelli che agiscono sul metabolismo dei carboidrati:

  • Cromo: non migliora l’insulino resistenza ma predispone al diabete. La dose massima consigliata è tra i 50 e 200 microgrammi/die. Da solo o combinato con la dieta non causa una riduzione di peso, ma potrebbe portare alla formazione di radicali liberi.
  • Garcinia Cambogia: è una pianta nativa di Asia e africa. Il componente principale è l’acido idrossicitrico. Avrebbe degli effetto teorici importanti per la riduzione di peso, ma potrebbero verificarsi possibili effetti avversi: crampi, bruciore di stomaco, emicranie, epatotossicità, pancreatite. Studi dimostrano che la supplementazione con Garcinia Cambogia a lungo termine può dare fibrosi epatica che può progredire in cirrosi, aumenta l’espressione di citochine proinfiammatorie e aumento di transaminasi epatiche provocando STEATOEPATITE.

Quali sono i limiti di queste pillole magiche?

  1. La perdita di peso, laddove ci sia, è molto limitata
  2. Possono dare possibili effetti collaterali
  3. Effetto rebound nel momento in cui viene sospesa l’assunzione, ovvero ripresa dei kg persi con gli interessi.
  4. Generalmente queste compresse hanno elevati dosaggi, che aggravano gli effetti aversi
  5. Hanno un dispendio economico inutile

Un biologo nutrizionista o una figura esperta in nutrizione non dovrebbe mai consigliare questi supplementi per i loro effetti collaterali.

Ricordatevi che le sostanze presenti nei supplementi si possono trovare all’interno di una sana dieta equilibrata e varia. In questo caso non si avranno mai effetti collaterali che invece possono dare questi supplementi.

bilancia

Petizione: Abolire la bilancia durante il periodo Natalizio

Sappiamo che le feste natalizie, sono un momento di convivialità e di spensieratezza. Succede poi che durante il periodo tra Santo Stefano e Capodanno ci si sente in colpa e allora iniziano le preoccupazioni sull’aumento di peso, e qui entrano in gioco i famosi DETOX, restrizioni caloriche e stregonerie varie.

Tutte queste calorie in eccesso che fine fanno nel nostro corpo?

L’eccesso calorico dei pasti festivi non tutto viene trasformato in grasso nel corpo. 

Ci sono degli studi che mostrano come consumare un pasto molto abbondante in un singolo pasto, determini un aumento dell’effetto termico del cibo.

Quando il cibo entra nel nostro corpo, deve essere elaborato, non viene subito assimilato e una parte di energia viene anche dispersa sotto forma di calore (classiche vampate dopo un abbondante pasto). Inoltre, sembra entrare in gioco anche la genetica sull’indirizzamento delle calorie ingerite in eccesso. Il nostro corpo utilizzerà il surplus calorico, in modo soggettivo, indirizzandolo nei diversi compartimenti, massa grassa o magra.

Importante per l’indirizzamento del surplus, oltre alla genetica, è anche la composizione del cibo consumato.

Per esempio, quando si ha un eccesso di carboidrati, essi vengono utilizzati prevalentemente per la formazione di glicogeno, un tessuto di riserva di glucosio nel fegato e nel muscolo. Questo si verifica soprattutto nei soggetti che seguono diete ipoglucidiche (povere di carboidrati) o in soggetti che praticano allenamenti estremi senza adeguati pasti glucidici. In queste condizioni le riserve sono scarse e nel momento in cui si consuma pasti ricchi di carboidrati, il nostro corpo inizia a produrre glicogeno per ripristinare le scorte. 

Da considerare che ogni grammo di glicogeno porta con sé qualche grammo di acqua (come già accennato in un articolo precedente), aumentando così il peso, dovuto all’accumulo di acqua.

Quando le riserve di glicogeno sono sature, gli zuccheri (derivati dalla degradazione dei carboidrati), in eccesso, dovranno essere smaltiti e sono inviati alla produzione di grassi attraverso processi di lipogenesi.

Invece, le proteine hanno un ruolo positivo, in quanto, oltre ad indurre il senso di sazietà aumentano la produzione di calore, sono i nutrienti con maggior effetto termico del cibo. Ecco perché diviene importante associare in un pasto abbondante sempre una fonte proteica.

Il problema però nasce dall’eccesso di grassi, che vengono prevalentemente accumulati nel tessuto adiposo come riserva energetica.

Allora perché se non tutti i nutrienti vengono trasformati in grassi, si ha un aumento di peso?

Il peso che vedete il giorno dopo aver mangiato un pasto abbondante è dovuto a componenti che NON sono grasso.

La maggior parte è dato dal riempimento delle scorte di glicogeno, con conseguente aumento di acqua all’interno di esse.

Inoltre, mangiando pietanze ricche in sale, il nostro organismo richiederà maggior quantità di acqua per ripristinare l’osmolarità, inducendo il meccanismo della sete e quindi aumenta l’acqua corporea. 

In entrambi casi si parla di aumento di massa magra.

In conclusione l’aumento che vediamo nei giorni successivi può essere imputato a variazioni del contenuto di acqua in diversi compartimenti dell’organismo e solo una parte potrà essere dovuta all’accumulo di grassi.

Perciò, l’accumulo di grasso come conseguenza di un eccessivo introito calorico avviene più facilmente quando il surplus calorico è protratto nel tempo. La formazione di  massa grassa avviene su tempi medio-lunghi. Da considerare che per la formazione di un kg di grasso occorrono mediamente 7000-9000 kcal, anche in questo caso si ha una variabilità soggettiva.

Pasti abbondanti non protratti per giorni, nella visione di un’alimentazione sana ed equilibrata, non possono creare danni significativi. 

NON SALITE SULLA BILANCIA, ma tornate alle vostre sane abitudini accompagnate da un pò di esercizio fisico.

Il mio consiglio è quello di arrivare al pasto abbondante con le scorte di glicogeno deplete o quasi, assumendo pochi carboidrati nel pasto precedente o facendo attività fisica.

peso

Stallo del Peso

Tante volte mi capita di sentire “nonostante mi alleni tanto e mangi poco, non riesco più a perdere peso.” Forse è proprio quel poco che fa la differenza.

Il fenomeno, così detto blocco metabolico, va ricercato nei nostri antenati, i primi ominidi.

Non sempre quest’ultimi avevano disponibilità di cibo, c’erano periodi di abbondanza di cibo ma periodi anche di carestie. Proprio per fronteggiare questi periodi di scarsità di cibo, il nostro corpo si è evoluto affinché possa conservare le energie, limitandone l’utilizzo per preservare le sue riserve energetiche che ha costituito durante i periodi di disponibilità di cibo.

Il corpo si abitua ad una determinata condizione energetica e di nutrienti, e se protratta nel tempo, si istaura così un equilibrio per garantire un corretto funzionamento dell’organismo.

Dopo lunghi periodi di forte deficit energetico cosa succede al nostro corpo?

Il nostro corpo si mette in allerta e inizia a consumare meno, riducendo il metabolismo basale, per preservare il più possibile la poca energia che arriva dalla dieta.

Le funzioni dell’organismo sono regolate da vari ormoni, primi fra tutti gli ormoni tiroidei che comunicano anche con la leptina, prodotta dalle cellule del tessuto adiposo, ha il ruolo di ridurre il senso di fame.

In una fase di dimagrimento, la leptina si riduce proprio per il fatto che gli adipociti si svuotano.

Una ridotta assunzione di calorie porta ad una minor produzione di leptina, che non riuscirà a stimolare la tiroide, determinando una riduzione ulteriore dei livelli degli ormoni tiroidei, riducendo così il metabolismo.

Il nostro corpo si trova così costretto a fronteggiare una fase fisiologica di adattamento metabolico, risparmiando il più possibile energia.

Cosa fare per sbloccare il metabolismo?

La prima cosa da fare è cambiare abitudini, sia dal punto di vista alimentare sia come allenamento. È necessario che l’organismo si adatti ad un nuovo equilibrio.

Dal punto di vista alimentare, è necessario innalzare l’apporto calorico gradualmente, a favore soprattuto dei carboidrati. 

Questo perché i carboidrati, come già detto più volte, non sono il male anzi aiutano ad innalzare i livelli degli ormoni tiroidei e le funzioni associate ad essi.

Come limitare questi stalli?

  • evitare diete ipocaloriche prolungate nel tempo e attività fisiche estremamente dispendiose (il nostro corpo ha bisogno anche di riposo)
  • Evitare diete prive di carboidrati
  • Assumere proteine in adeguata quantità
  • Alternare allenamenti aerobici e contro resistenza